Tao

Che cosa si nasconde dietro il simbolo del Tao?

Il Tao è spesso visto come qualcosa di misterioso, frutto di una visione eccessivamente orientale e a volte troppo filosofeggiante. Per questo motivo molti sono coloro che rinunciano ad approfondirlo, vedendolo come qualcosa di lontano dalla realtà o semplicemente etichettandolo come il risultato di una filosofia spicciola e banale, troppo aleatoria. C’è un po’ di bene nel male e un po’ di male nel bene… dicono.

Beh… Il bello, a mio avviso, è che ciò che si dice sul Tao, a prescindere che se ne parli bene o male, è tutto vero!

Effettivamente Il Tao è banale… nella sua profondità. È semplice… nella sua complessità. È riduttivo… nella sua grandiosità.

Come lo si guardi lo si guardi, il Tao continua ad esistere e a dare forma a ciò in cui crediamo. Questo è frutto della sua semplicità o banalità che dir si voglia. Ma è questa sua semplicità e banalità che fa sì che il Tao sia così difficile da comprendere.

Il Tao è un unità composta da due aspetti contrapposti che vengono denominati Yin e Yang. Il giorno ad esempio possiamo suddividerlo in ore di luce e ore di buio. Luce è Yang, notte è Yin. Il Giorno nella sua totalità è Tao. Lo Yang rappresenta sempre l’aspetto esplosivo, forte, attivo. Lo Yin, al contrario, l’aspetto fermo, debole, passivo.

Il nostro cervello funziona a compartimenti o meglio, l’utilizzo che ne facciamo è quello. Etichettiamo ogni cosa e la inseriamo nella sua categoria. Questo è bene e questo è male, questo è bello e questo è brutto, questo è utile e questo inutile.

Ciò che è bene dunque non può essere allo stesso tempo male e viceversa. La particolarità del Tao invece è quella che lo troviamo sia nel bene che nel male, nel bello e nel brutto, nell’utile e nell’inutile.

Parlare del Tao, spiegarlo o cercare di fissarlo in una data condizione è pressoché impossibile in quanto è intuitivo e allo stesso tempo controintuitivo. Per iniziare a comprenderlo bisogna prima accettare un compromesso:

Il Tao è “bianco o nero” solo ed esclusivamente nello stato che prendiamo a  riferimento.

Sintetizzando, in parole povere, quando prendiamo un riferimento, il Tao si mostrerà solo bianco o solo nero. Cambiando riferimento, il solito Tao si potrà mostrare nella sua faccia opposta.

Esempio di logica con il Tao

TaoFacciamo un esempio: Andrea e Francesco stanno discutendo animatamente sulla strage di Pearl Harbor. Andrea sostiene che, se avesse la possibilità di salire su una macchina del tempo, tornerebbe a quel giorno per avvertire l’addetto ai controlli radar di dare una seconda occhiata ai monitor. In questa maniera tutte le povere vittime sarebbero state allertate in tempo e la strage avrebbe avuto meno ripercussioni in termini di morti. Francesco invece sostiene che non farebbe assolutamente nulla di simile in quanto, senza i risultati di quell’attacco, l’America probabilmente non sarebbe entrata in guerra nelle modalità in cui l’ha fatto permettendo così a Hitler di prosperare nei suoi atti criminosi e magari vincere la guerra stessa.

Nel caso di Andrea il riferimento sono il numero delle vittime che quella strage ha provocato, in quello di Francesco il riferimento è ciò che sarebbe accaduto. Quello che non cambia, è l’evento al centro della discussione.

Il Tao in questo caso è l’evento ed in base al riferimento che prendiamo in esame ne osserviamo un lato oppure un altro.

Positivo – Evitare l’attacco

Andrea – Riferimento: n° vittime

Negativo – Attacco a buon fine

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Positivo – Attacco a buon fine

Francesco – Riferimento: scenari futuri

Negativo – Evitare l’attacco

 

Cerchiamo di osservare le due tesi da terza persona eliminando il nostro giudizio soggettivo (in quanto cominceremmo a vedere l’evento da un solo lato).

Chi ha ragione? Si può negare una delle due tesi a supporto?

Se guardiamo poi allo scopo finale dei due diversi punti di vista che animano la discussione, ci accorgiamo che l’obiettivo è il medesimo: limitare al minimo possibile il numero di vittime. L’obiettivo è ancora il Tao nella sua completezza, ma la strada per raggiungerlo passa da due strade completamente diverse.

L’esempio citato è una forzatura, utile però per cercare di cominciare a capire perché il Tao può trovarsi contemporaneamente in due visioni opposte.

E perché comprendere il Tao ci può aiutare?

Ragionando in termini di Tao, Andrea e Francesco non avrebbero mai discusso in quanto ognuno di loro avrebbe avuto coscienza di avere torto e ragione contemporaneamente annullando di fatto la ragione del litigio.

Quando due persone si scontrano, essi si mettono in condizione attiva, ovvero scelgono un riferimento dell’oggetto in discussione e lo perseguono perdendo di vista però la totalità dell’oggetto stesso che immancabilmente presenta anche la sua versione opposta. Dalla comprensione di questo concetto nasce quella che viene definita “accettazione”.

Accettare significa porsi in una condizione passiva e permettere che l’oggetto, il pensiero, la materia, l’energia e così via si possa esprimere nella sua totalità.

Allo stesso tempo, accettare non significa rimanere fermi. Qui si entra in una logica controintuitiva che ho cercato di spiegare in maniera più approfondita nel 2° capitolo del mio libro di ANATOMIA ENERGETICA: quando diamo valore ad un aspetto classificandolo come Yin o Yang (i due opposti del Tao), automaticamente sappiamo che la funzione di quell’aspetto sarà data dall’esatto opposto. Se ad esempio identifichiamo l’Uomo di genere maschile come Yang, sappiamo che nella sua espressione sarà Yin. Perché?

Perché ciò che è Yang di base, per completarsi o meglio per esistere ha bisogno del suo esatto opposto ovvero lo Yin. Il bianco (Yang), non può esistere senza il nero (Yin). Il freddo (Yin) non può esistere senza il caldo (Yang).

So che il concetto sta diventando improvvisamente complicato, ma posso assicurare che quando viene compreso e interiorizzato, guarda un po’… non c’è niente di più banale!

Voglio concludere con un ossimoro: “Il Tao è banalmente complesso!”






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