Pranoterapia e Reiki

 
Pranoterapia o ReikiCon questo articolo inizio una specie di rubrica che vuole concentrarsi sulle discipline energetiche e che spero possa essere di aiuto anche agli aspiranti professionisti o “pazienti” delle varie discipline.

Perché inizio con Pranoterapia e Reiki?

Perché i trattamenti di queste due discipline si collocano a pieno titolo fra le più diffuse e perché, per caratteristiche che prenderemo in esame, insieme raccolgono una visione energetica che mostra le due concezioni madre dell’universo energetico dell’uomo: quella Vedica e quella Orientale. Inoltre, mi è capitato spesso di parlare con persone che confondono queste due discipline in quanto, a prima vista, sembrerebbero molto simili.

Comincio subito con l’affermare che tutte e due le pratiche si basano sul concetto fondamentale dell’esistenza dell’energia, del campo energetico e dell’unione del tutto adottando una visione olistica.

Premetto altresì che ad oggi, le discipline energetiche, nelle attuali regolamentazioni e in previsione futura, vengono considerate discipline del benessere, non terapeutiche. Per questo, nel resto dell’articolo utilizzerò il termine “cliente” anziché “paziente”.

La Pranoterapia si poggia sulla filosofia e conoscenza dei Veda, termine con cui si indicano i popoli Arii che nel 2000 A.C. si insediarono nella regione settentrionale dell’India. Tralasciando la storia che affronterò in un altro articolo più specifico, la pranoterapia agisce sul campo energetico umano tramite irradiazione energetica effettuata attraverso l’imposizione delle mani sul corpo del cliente. In occidente, e più specificatamente in alcuni paesi tra i quali l’Italia, è ormai prassi che l’operatore non tocchi fisicamente il cliente ma imponga le proprie mani a distanza. È altrettanto prassi che il cliente rimanga vestito. Ovviamente queste sono pratiche che rispecchiano la cultura occidentale dove la nudità può creare imbarazzo ed equivocità se non in presenza di un medico effettivo.

Il campo energetico dal punto di vista della pranoterapia, comprende tre canali:

1. Shushumna: canale fisico che divide il corpo in parte destra e parte sinistra, che passa dalla zona perineale fino alla sommità del capo. Su esso troviamo dislocati i sette chakra principali che vedremo a breve.
Ida e Pingala sono due canali virtuali che si avvolgono a Shushumna come un serpente a spirale.
2. Ida: è il canale collegato alla parte sinistra del corpo e si occupa dei processi mentali. I suoi punti di origine o arrivo sono la narice sinistra e la parte destra della zona perineale.
3. Pingala: è il canale collegato alla parte destra del corpo e si occupa dei processi vitali. I suoi punti di origine o arrivo sono la narice destra e la parte sinistra della zona perineale.

I Sette chakra principali dislocati lungo il canale Shushumna sono contati dal basso verso l’alto:

1. Muladhara o chakra delle radici: situato all’altezza del plesso coccigeo. Identità fisica.
2. Swadhisthana o chakra del sesso: situato all’altezza del plesso sacrale. Identità emotiva.
3. Manipura o chakra dell’ombelico: situato all’altezza del plesso solare. Identità egoica.
4. Anahata o chakra del cuore: situato all’altezza del plesso cardiaco. Identità sociale.
5. Vissudha o chakra della gola: situato all’altezza del plesso faringeo. Identità creativa.
6. Ajna o chakra del terzo occhio: situato nel centro della fronte. Identità archetipa.
7. Sahasrara o chakra dei mille petali: situato sulla sommità del capo. Identità universale.

(Sul libro Anatomia Energetica – L’uomo e il Campo energetico, al capitolo 3 potrai trovare le varie caratteristiche di ogni chakra comprese oltre le identità, anche i diritti, i demoni e i collegamenti fisici.)

Il pranoterapeuta non necessita di alcuna iniziazione come nel caso del Reiki, ma per diventarlo bisogna verificarne le capacità. Premettendo che l’energia è ovviamente presente in tutti gli esseri viventi, la caratteristica del pranoterapeuta è quella di “esserne malato” ovvero di trovarsi in una situazione di scompenso energetico eccessivo e quindi di averne in surplus. Il Trattamento, pur agendo sempre solo ed esclusivamente a livello energetico, impone le mani sia sulle strutture energetiche sopra citate, sia sulla parte specifica del corpo da trattare. Nel farlo, spesso viene utilizzata anche la cosiddetta visualizzazione, ovvero l’atto di visualizzare nella propria mente un immagine o un azione che canalizzi e amplifichi l’effetto energetico che si vuole ottenere.

Il Reiki nasce in Giappone nella seconda metà dell’800, sviluppato inizialmente da Mikao Usui, il quale fondò la prima scuola di tale disciplina. L’origine giapponese ovviamente prende in considerazione le basi della M.T.C – Medicina Tradizionale Cinese, comprendendo dunque i dodici meridiani energetici. Essendo una tecnica giovane, essa prende in completa considerazione anche i chakra provenienti dalla filosofia Vedica, dopo la sua rivisitazione avvenuta in America negli anni ’80 sulla scorta degli insegnamenti di Chujiro Hayashi, studente di Mikao Usui, e la signora Takata, studente a sua volta di Hayashi.

Vediamo dunque anche i meridiani energetici principali della M.T.C. che si possono classificare in base alla loro polarità (Yin o Yang):

(vedi capitolo 2 relativo al Tao del libro di Anatomia Energetica)

Anche in questo caso, troviamo un canale centrale che divide il corpo in parte sinistra e parte destra. Esso è costituito a sua volta da due canali:

Vaso Governatore (Yang) e Vaso di Concezione (Yin)

I dodici meridiani sono sei coppie di canali ed ogni coppia svolge un ruolo specifico del corpo. Anch’essi sono Yin o Yang.

Meridiano del Polmone – Meridiano del Grosso Intestino
Meridiano dello Stomaco – Meridiano Milza Pancreas
Meridiano del Cuore – Meridiano del Piccolo Intestino
Meridiano della Vescica – Meridiano del Rene
Meridiano del Pericardio (Maestro del Cuore) – Meridiano Triplice Riscaldatore
Meridiano della Vescicola Biliare – Meridiano del fegato

(Cap. 3 del libro di Anatomia Energetica)

Il Reiki, suddiviso in livelli, prevede un iniziazione da parte dell’operatore all’energia cosmica. Il suo approccio al trattamento risulta molto simile a quello dell’operatore in pranoterapia nel senso che anch’esso agisce tramite imposizione delle mani seguendo però logiche, percorsi e anche posizioni delle mani diverse e tipiche del metodo adottato.

La grande differenza fra Pranoterapia e Reiki si basa su un concetto di fondo il quale separa nettamente le due tecniche oltre a differenti caratteristiche.

Vediamone alcune:

L’operatore di Reiki, si pone come mezzo di comunicazione o canalizzatore dell’energia Universale la quale ovviamente è inesauribile. Inoltre, l’operatore in Reiki non ha bisogno di indirizzare l’energia tramite una visualizzazione in quanto ritiene che l’energia da sola saprà comportarsi sortendo l’effetto desiderato. La sua azione prevede il solo irradiamento energetico quindi non corre il rischio di assorbire energia “negativa” dal cliente. Infine, in alcune metodiche, è previsto l’utilizzo di azioni manipolatorie quali picchiettamenti o strofinamenti di alcuni punti denominati punti Marma. Questi punti li troviamo anche nell’agopuntura denominati però punti Tsubo.

Il pranoterapeuta, a differenza di quanto sopra, si ritiene esso stesso fonte di energia. È da sottolineare però che non si dissocia dalla visione di un energia universale esterna a lui, ma definendosi parte stessa dell’Universo, esso comunica, si nutre e si sostiene con l’energia Universale e agisce sul cliente tramite l’elaborazione dell’energia che avviene in lui. Questa differenza, nonostante possa sembrare ad alcuni solo marginale, in realtà ha concettualmente una valenza molto profonda. Un pranoterapeuta ad esempio, secondo quest’ultima logica espressa, non può operare in condizioni di problemi personali in quanto la propria energia o elaborazione di essa si troverebbe in condizione critica a differenza di un energia Universale che attraversa solo un mezzo. Come poi già anticipato, il pranoterapeuta, anche non escludendo trattamenti di sola imposizione manuale, aggiunge la visualizzazione come canalizzatore dell’energia al fine di condizionarne l’effetto e presenta una mano radiante ed una assorbente. Quest’ultima, è utilizzata per assorbire energia dal cliente e potrebbe, nel caso di un operatore non ben preparato, sortire effetti negativi sull’operatore stesso. Infine, non utilizza alcun tipo di manipolazione.

Le differenze sopra esposte sono solo alcune delle molte ma già da queste credo si possa farsi un idea della differenza sostanziale fra le due tecniche.
Io paragono queste due discipline al rugby e al football americano. Il pallone è lo stesso, ma il modo di giocarlo è completamente differente.

Dunque quale scegliere?

Non esiste una risposta a questo tipo di domanda se non quello di valutare le proprie caratteristiche e le proprie convinzioni. L’errore però che non si deve commettere è quello di entrare nella trappola di valutare le due tecniche come fossero in competizione fra di loro e decretarne la vincente. Troppo spesso ho assistito a discussioni accese su quale fosse la migliore fra pranoterapeuti e operatori di Reiki.

La verità è che le due tecniche condividono uno scopo comune utilizzando due visioni diverse. Lo scopo finale, a mio avviso, dipende dalla tecnica utilizzata solo in parte in quanto il valore maggiore è dettato dall’operatore stesso e dalla sua capacità di capire e relazionarsi con il cliente. Con questo non voglio certo sminuire il valore di una tecnica ma come vado dicendo da sempre e come scritto anche in precedenti articoli, nelle discipline energetiche è il cliente in primis che si “cura” tramite di noi e non noi che “curiamo” lui. In questa visione si può notare come comunque noi rappresentiamo sempre un mezzo per arrivare a uno scopo.

La scelta di un percorso oppure di un altro deve avere come obiettivo principale quello di una crescita personale. Dobbiamo quindi cercare di affidarci a chi ci garantisce non solo lo studio di una metodica, ma anche di darci almeno le basi per penetrare a fondo nell’Universo energetico.

Personalmente, da quando ho iniziato circa vent’anni fa, io ho cercato di approfondire tutte le tecniche possibili in quanto in ognuna ho sempre trovato spunti e riflessioni che mi hanno arricchito. Non avrei mai potuto scrivere un libro di Anatomia Energetica se non avessi esplorato le conoscenze di diverse tecniche. Farlo mi ha permesso di trovare i punti in comune, rafforzare alcune cose che prima erano solo ipotesi e trovarne nuovi sviluppi. Ovviamente poi conta il proprio carattere. Ho letto libri su libri anche di argomenti che già “conoscevo” perché in ognuno di essi ho trovato un nuovo punto di vista da aggiungere alle mie elaborazioni.

Nel mio lavoro da operatore, utilizzo la tecnica che mi può dare un risultato in meno tempo, in base all’esigenza del cliente. Capita dunque che utilizzi tecniche energetiche per alcuni problemi fisici nonostante abbia l’abilitazione in massofisioterapia. Capita anche che utilizzi quest’ultima in problemi che potrebbero sembrare prettamente energetici oppure anche di creare trattamenti unendo più tecniche.

Il mio personale consiglio è quello di non dividere il mondo energetico in settori perché ognuno di essi pone dei limiti che non esistono. Abbiamo già fin troppi limiti dettati da meccanismi del cervello, da educazione e cultura e il nostro compito sta nel rimuoverli per aprire la nostra visione e permetterci di ampliare le nostre esperienze. Viviamo in un mondo dove l’energia è alla base del tutto. Il tutto dunque ci riporta all’energia stessa che essendone la base, non ha alcun limite.

Infine ritengo, anche per chi si voglia solo sottoporre ai trattamenti energetici senza farne una professione, che il primo passo sia indubbiamente la conoscenza del proprio campo energetico a 360°, ovvero non limitarsi solo a quello della pratica a cui si intende sottoporsi in quanto, avendo le basi necessarie, l’esperienza che ne deriverà sarà non solo attiva anziché passiva, ma anche più completa in quanto consapevole.






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ANATOMIA ENERGETICA

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