La Pranoterapia è una disciplina energetica nel quale l’operatore, tramite l’apposizione delle mani su una zona del corpo del “paziente”, svolge l’azione di ripristinare uno squilibrio energetico. Su questa disciplina è stato detto e si continua a dire di tutto. Anche in molti siti di un certo spessore, la pranoterapia viene associata a teorie filosofiche o religiose rendendo tale pratica, passatemi il termine, “credulona”.
Si parla di ipotesi psicosomatiche (come se la psicosomatica fosse un ipotesi), di ipotesi energetiche (energia vista come qualcosa di diverso dall’energia descritta ad esempio dalla fisica quantistica) fino a ipotesi legate alla naturalità ovvero la “supposizione” dell’esistenza di un energia vitale (posseduta da chi ha vita).
Riguardo le tre “ipotesi” sopra citate, riportandole con un senso negativo alla pranoterapia, personalmente, mi fa ritenere che chi le deduce e le scrive probabilmente abbia la solita credibilità che essi attribuiscono all’ipotetico pranoterapeuta.
Chiariamo… pur essendo io sia docente che operatore in Pranoterapia, questo articolo non mira a difendere una professione ma a riportare l’attenzione sul concetto di “energia” utilizzando il mezzo della pranoterapia.
Fra le varie domande a riguardo di questa disciplina, spesso la critica più utilizzata è quella di sostenere che la pranoterapia non funzioni su chi non ci crede. Per questo motivo si deduce che essa dunque, e più specificatamente il prana, non esista. Per ulteriore deduzione si arriva alla conclusione che chi gode di un risultato nel sottoporsi a tale trattamento, abbia in realtà beneficiato semplicemente dell’effetto placebo.
Bene. Poniamoci quindi la domanda: la pranoterapia funziona solo su chi ci crede?
Udite udite: Sì! Ma anche no!
Forse starete pensando che sia un pazzo ma la risposta è proprio quella che ho appena dato. Perché sì?
Da un punto di vista energetico, la natura, in sé per sé, non da niente per niente! E’ un po come una legge di mercato: se non c’è richiesta, non c’è mercato; se non c’è domanda, non c’è offerta.
Facciamo un esempio banale: se non foste in una situazione dove l’educazione vi spinge a farlo, dunque per gentilezza o ospitalità, offrireste mai un bicchier d’acqua a chi non vi ha detto di avere sete? Dareste una stretta di mano a chi non ve la porge?
La natura, l’Universo, non funziona per senso morale, ma opera per mezzo di leggi. Addirittura le religioni poggiano sul filo di questa affermazione. Sei tu che devi credere, sei tu che devi chiedere, sei tu che devi pregare (intesa come richiesta di aiuto).
L’essere umano è un unità a sé stante in mezzo a tante unità a sé stanti e tutte insieme creano l’umanità. L’umanità è dunque l’insieme di esseri umani. Questi umani, per rapportarsi fra loro, come indica anche la dualità, hanno due vie: la via naturale e la via sociale. Naturalità e socialità non devono essere confuse poiché si basano su regole diverse. Il corpo umano presenta un sistema nervoso involontario (neurovegetativo) ed uno invece volontario. Il sistema neurovegetativo è colui che ci permette di vivere, di respirare, di soddisfare tutte le esigenze corporee quali la digestione, l’assorbimento, la circolazione, lo sbattimento delle palpebre a scopo lubrificativo e via dicendo senza doverci pensare volontariamente. La nostra volontà può ovviamente interagire con esso (ad esempio trattenere il respiro, diminuire i battiti cardiaci tramite un rilassamento condizionato etc…) ma esso funziona a prescindere da questo. Il Sistema Nervoso Volontario invece, si occupa di permetterci di definirci nel mondo e di viverlo secondo coscienza. Abbiamo solo cinque sensi fisici per farlo con cui provochiamo anche tutte le nostre emozioni. È dunque ovvio che questi due sistemi operano in maniera differente pur coesistendo in unico contesto (l’uomo). In stato di coma neurovegetativo, la vita continua ad esistere (fin quando possibile) per mezzo della naturalità. In questo stato non abbiamo una socialità (intesa come rapporti umani) in quanto non siamo in grado di comunicare attraverso la nostra volontà, siamo i proprietari del corpo ma non ne siamo padroni.
Se si riesce a comprendere i risvolti di quanto appena detto, possiamo allora capire una regola semplice: l’energia, appartenendo all’aspetto naturale, risponde alle leggi Universali e non sociali.
Da pranoterapeuta, il concetto che mi è chiaro in mente è che quando ottengo un buon risultato con un “paziente”, non sono io quello bravo, ma lo è il paziente stesso. È lui che si “cura” tramite di me e non io che curo lui. La mia bravura deve essere principalmente quella di riuscire a instaurare con lui un rapporto il quale gli permetterà, a lui, di curarsi tramite me.
Ma perché allora qualcuno dovrebbe ricorrere a un pranoterapeuta o chicchessia se può curarsi da solo?
Io ho sempre affermato che l’essere umano ha qualcosa di assolutamente meraviglioso che però è anche il suo maggior limite: il cervello e le sue debolezze.
La debolezza più micidiale del cervello, relativamente all’argomento in oggetto, a mio parere è il dubbio! Nella maggior parte dei casi, l’essere umano non è capace di credere nelle proprie potenzialità. Ci poniamo il dubbio che forse stiamo esagerando, che forse non siamo così capaci come pensiamo, che forse ci stiamo solo illudendo di esserlo. Lo 0,1% di dubbio è incredibilmente più potente del 99,9% della nostra certezza. E noi siamo tutti dubbiosi. La possibilità invece che qualcun altro ci aiuti, con studi mirati e di apparente credibilità, ci permette di raccontarci che non siamo soli e che ce la possiamo fare! Questo sbriciola ancora di più quello 0,1% di dubbio e ci permette di “rilassarci”. Rilassandoci, permettiamo alla naturalità di poter procedere con il suo corso. Adesso siamo liberi di poter fare la nostra richiesta o meglio il nostro campo energetico potrà ottenere l’energia di cui ha bisogno e la nostra passività (sociale) permetterà il flusso.
Il Pranoterapeuta non può sortire alcun effetto energeticamente (livello naturale), se il “paziente” non crede (livello sociale) che essa possa farlo.
Ma nella risposta avevi detto : ma anche no!?
Facciamo un altro esempio banale: se offrite da bere a una persona che ha sete lui berrà? Probabilmente si… pensate adesso se aveste a che fare con qualcuno che non conosce la pranoterapia e non si pone domande in merito. È per così dire in stato passivo a riguardo dell’efficienza o meno della pranoterapia. Passivo significa non controllare e non controllare significa non osservare. Purtroppo l’essere umano non riesce ad essere totalmente passivo ma ci viene in aiuto il mondo animale. Gli animali non si pongono il problema se la pranoterapia funziona oppure no ne tantomeno sanno che qualcuno gliela stia praticando. Loro si limitano, se ne hanno bisogno, solo a richiedere energia non consciamente, ma naturalmente. La pranoterapia sugli animali produce grandi risultati.
Non voglio dilungarmi su quest’ultimo argomento, anche perché probabilmente scriverò un articolo apposito, ma Vi lascio con una simpatica curiosità pur non volendo assolutamente sostenere le tesi di quest’articolo con essa: lo sapevate che Varenne aveva un pranoterapeuta personale?